Tempesta giudiziaria sui NoTav

Ci sono voluti anni perchè venissero riconosciute le ragioni, di una protesta – civile  democratica- che coinvolge il movimento No Tav, da un organismo indipendente il “ Tribunale Permanente dei Popoli “. L’8 novembre 2015 è stata pronunciata una sentenza storica di condanna dell’ intero  “sistema delle grandi opere”.
A dieci anni dalla liberazione di Venaus il movimento No Tav vede riconosciute le ragioni della protesta, a difesa della propria valle, che con tenacia e determinazione  da 25 anni, combatte contro uno stupro idrogeologico.
Ognuno di noi, dal profondo del suo animo, auspicava che il giuridico e formale riconoscimento di una sentenza da parte di un tribunale, che gode di un grande prestigio in tutto il mondo, rappresentasse uno spartiacque tra il prima e il dopo.
Il prima in cui una magistratura inquirente adottava “una strategia di criminalizzazione della protesta”, con pratiche ammimistrative, legislative e giudiziarie di polizia, con l’uso sproporzionato della forza, che includono anche la persecuzione penale sproporzionata (con l’accusa di terrorismo) e la imposizione di multe eccessive e reiterate.
Il dopo che avrebbe dovuto ricondurre la magistratura e le forze dell’ordine a rispettare le “raccomandazioni del TPP”, il quale raccomadava: “lo Stato deve astenersi dal criminalizzare la protesta cittadina giustificata per l’assenza di concertazione e protetta dalla Costituzione e da molti strumenti internazionali ratificati dall’Italia. Si raccomandava allo Stato di non ostacolare l’espressione della protesta sociale.
Ebbene il bilancio dei pochi  mesi trascorsi, poco piu di sei, e’assolutamente disastroso, “appare nei fatti una sospensione della Democrazia partecipata ” .

– dopo poche settimane, dalla lettura della sentenza,  vengono notificati  ” fogli di via dal comune di Chiomonte per tre anni, ad alcuni attivisti no tav”, con il chiaro intento di impedire a costoro l’accesso al cantiere;

– 9 giugno 2016
Alberto Perino condannato a 9 mesi, ma le immagini lo assolvono, la Procura e i giudici hanno visto un film diverso;

-18 giugno 2016
Roberta una laureanda in antropologia condannata a due mesi per “concorso morale” il pm ha affermato che è un “noi partecipativo “con cui si indica almeno un contributo morale.
La sentenza si inserisce in un clima repressivo – dice Maltese – si esercita in maniera accanita anche contro il diritto allo studio e alla ricerca.

-21 GIUGNO 2016
Ventuno misure cautelari più due fermi in carcere  disposti dal PM e non ancora avallati dal Gip: è il bilancio di un’operazione condotta dalla Digos per gli attacchi al cantiere Tav di Chiomonte avvenuti il 28 giugno 2015, con il danneggiamento delle reti e lancio di oggetti. Delle 18 misure, 9 sono arresti domiciliari e 9 obblighi di firma;

– Nella stessa giornata arriva anche la notizia della dura condanna in primo grado di Stella e Costanza due giovani No Tav e di Emilio, ebbene, a fronte della richiesta del pm di 1 anno e 3 mesi, il giudice ha ritenuto opportuno raddoppiare la pena a 2 anni e 7 mesi.

È svilente constatare, un accanimento giudiziario senza precedenti che di fatto si traduce in una Magistratura giudicante che accoglie e raddoppia le pene proposte dal PM. 

Nel corso dei processi istruiti le prove documentali quali : “filmati  che al di là di ogni ragionevole dubbio sollevano l’imputato dalle sue responsabilità ” e gli stessi “testimoni della difesa”, sono ridotti a semplici comparse di un copione già scritto.

Condivido il pensiero sottoscritto da alcune fonti universitarie, di seguito testualmente riportato:

“Siamo indignati: che ci risulti, è la prima volta dal 25 aprile 1945 che una tesi di laurea viene considerata oggetto di reato e subisce una condanna. Ci domandiamo, increduli, quale perversione attraversi un paese che porta nelle aule di un tribunale le parole di una tesi di laurea. Ci sconvolge che tutte le tesi di laurea siano potenzialmente oggetto delle letture inquisitorie dei magistrati e che la Procura di Torino si senta legittimata a sanzionare penalmente l’uso di un pronome personale (NOI), a tutti gli effetti fondante della grammatica italiana quando usato in riferimento a un tema politico ad essa non gradito. L’accusa di “concorso morale” in riferimento all’analisi situata di un problema politico va intesa come sintomo dell’accanimento contro chiunque osi raccontare quanto avviene in Val di Susa senza criminalizzare la determinazione di una comunità a lottare contro la devastazione del suolo, della salute dell’ambiente e del territorio. Ricordiamo che all’interno dello stesso procedimento altre 45 persone, tra cui 15 minorenni, sono state rinviate a giudizio”.

Questi provvedimenti coinvolgono persone che sanno coagulare il sentimento della protesta e fungono da catalizzatore per tutto il movimento, per la loro quotidiana dedizione alla battaglia.

Non si può che manifestare sdegno di fronte a provvedimenti ingiusti e ingiustificati, nei confronti di persone che negli anni, con rinnovato entusiasmo e profonda dedizione, vengono ad oggi considerate da un Tribunale, “sentinelle che lanciano l’allarme” e che noi tutti affermiamo “sentinelle di democrazia”.

E’ evidente come sia in atto in modo strumentale e persecutorio, una strategia di criminalizzazione e repressione della protesta, da parte dello Stato. Vengono considerate questioni di sicurezza nazionale, le manifestazioni di pensiero e di riunione, affidando alla repressione di polizia, problemi di rilevanza democratica e sociale.
L’elemento comune di tutti gli attivisti è il rifiuto di sottomettersi docilmente alla costrizione. La loro decisione implica il rifiuto di un obbligo imposto con la forza e accettato in silenzio dalla maggior parte della popolazione. Ma questo rifiuto è indissolubilmente legato a un impegno positivo perché la “resistenza” è  un’affermazione.

Il movimento No Tav vede il coinvolgimento di persone che hanno scelto di rinunciare ad una vita tranquilla in nome di un amore incondizionato per la verità e la propria terra. Hanno rifiutato di sottomettersi all’aggressore venuto a militarizzare ed espropriare le terre, rifiutando nel contempo il demone interiore della vendetta.

Più che da un’emozione le ragioni della protesta, scaturiscono da una responsabile volontà di impegno civile da parte di cittadini che non potendo affidarsi nè a un potere nè a un Dio, possono solo rivendicare le proprie ragioni attraverso la propria azione e la propria voce!

F.